? Heos.it Rivista scienze politica cultura salute - 20/09/22/scienze/Radiazioni ionizzanti, a basse dosi proteggono il DNA

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Uno studio congiunto Università Sapienza di Roma e Infn ipotizza, attraverso complesse simulazioni numeriche, i possibili effetti del fenomeno di evaporazione 
 
 
01.03.23 - Il destino dei buchi neri potrebbe essere quello di evaporare fino a dischiudere le singolarità gravitazionali, oppure assumere una forma stabile e paragonabile ai più suggestivi oggetti previsti dalla Relatività Generale di Einstein, i wormholes, i cunicoli spazio-tempo.
 
Le ricerche sono sviluppate all'Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Icb) 
 
 
16.02.23 - Scoperto un componente non-psicoattivo della Cannabis (CBD) in grado di contrastare la fase in cui il carcinoma prostatico diventa refrattario alla terapia ormonale

 
Lo studio è coordinato dal Dipartimento di biologia e biotecnologie "Charles Darwin" dell'università Sapienza di Roma con l'università di Padova 
 
Radiazioni ionizzanti, a basse dosi
proteggono il DNA
 
 
20.09.22 - L’esposizione cronica del comune moscerino della frutta (Drosophila melanogaster) a basse dosi di radiazioni durante lo sviluppo, rende le cellule di questo organismo modello resistenti al verificarsi delle rotture cromosomiche (una conseguenza del danno al DNA) indotte successivamente da alte dosi di raggi gamma. Non solo. Il sequenziamento dell’RNA dei moscerini esposti ha permesso di comprendere per la prima volta che questo tipo di risposta, definita "radio adattativa" è associata alla riduzione dell’espressione di un gene, chiamato Loquacious. 
 
La ricerca è stata coordinata da Giovanni Cenci del Dipartimento di biologia e biotecnologie "Charles Darwin" dell'università Sapienza di Roma.  Lo studio, nato dalla collaborazione della Sapienza con l’Istituto superiore di sanità e l’Università di Padova e sostenuto da grant FERMI Institute for Multidisciplinary Studies, ISS-INFN e Istituto Pasteur, è stato pubblicato sulla rivista Communications Biology
 
Comprendere gli effetti associati alle basse dosi di radiazioni riveste un’importanza rilevante dal punto di vista sociale, proprio per le continue esposizioni a cui siamo giornalmente sottoposti, durante il lavoro o gli screening medici, ma anche per i frequenti viaggi aerei. Determinare con certezza questi rischi, in primo luogo sugli organismi modello, è quindi uno dei compiti centrali dell’epidemiologia e della biologia delle radiazioni.
 
«La risposta radio adattativa – spiega Antonella Porrazzo, prima autrice dell’articolo – è un fenomeno noto nel campo della radiobiologia. Grazie all’utilizzo del Libis, un irradiatore per le basse dosi unico nel suo genere e messo a disposizione dai collaboratori dell’Istituto superiore di sanità, abbiamo dimostrato che questa risposta ha il suo massimo effetto solo a una particolare combinazione di dose e rateo di dose. Inoltre, la resistenza al danno al Dna indotto dalla successiva esposizione acuta è presente nella progenie dei moscerini esposti alle basse dosi, mettendo in evidenza un chiaro ed interessante effetto transgenerazionale».
 
La ricerca  ha anche evidenziato che l’esposizione alle basse dosi riduce la frequenza di fusioni dei telomeri (strutture complesse poste alle regioni terminali del cromosoma), che avvengono a causa del mal funzionamento delle proteine che proteggono le estremità dei cromosomi. 
 
«Le nostre osservazioni – sottolinea Giovanni Cenci – indicano che l’effetto protettivo delle basse dosi può essere esteso a tutti quei siti cromosomici che vengono riconosciuti in modo inappropriato come rotture al DNA». 
 
Le analisi genetiche hanno dimostrato anche che i mutanti nel gene Loquacious, che codifica una proteina in grado di legare RNA a doppio filamento ed è presente anche nell’uomo, sono resistenti al danno cromosomico indotto dalle alte dosi. Questi risultati, pertanto, indicano chiaramente che la modulazione del gene Loquacious rappresenta una strategia cellulare efficiente per la salvaguardia dell’integrità cromosomica in seguito a stress genotossici. 
 
E sulle prossime tappe della ricerca così conclude Giovanni Cenci: «Dato che il gene in questione è conservato anche nelle nostre cellule, gli studi futuri potrebbero chiarire un suo eventuale coinvolgimento nel determinare fenomeni di radioresistenza osservati in molti tumori». (Red.)
 
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