? Heos.it Rivista scienze politica cultura salute - 2018/07/04/ambiente/scienze/Senza segreti l'antichissima ma ancora in atto mega-frana di Crotone

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 Senza segreti l'antichissima

ma ancora in atto

mega-frana di Crotone

 

cnr bacino frana crotone

Mappa del bacino di Crotone con indicazione del megalandslide (foto cnr.it)

 


04.07.18 - Finalmente si è arrivati a capo dell’origine del lento e imponente movimento franoso, definito dagli studiosi "megalandslide", che da milioni di anni coinvolge il settore marino e costiero a sud di Crotone, interessando un’area di quasi 500 kmq e uno spessore di circa 1,5 km. L'indagine ha rivelato che il movimento franoso si è sviluppato in due fasi con dinamiche distinte, la prima risalente a circa 3,7 milioni di anni fa e la seconda iniziata circa 500.000 anni fa e tuttora in atto nell’area marina.

La dinamica della mega frana è stata spiegata da un gruppo di ricerca guidato dall’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs) di Trieste, in collaborazione con l’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar) di Venezia e con le Università di Padova, della Basilicata e della Calabria. I risultati sono pubblicati su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature.

Studi precedenti avevano già fornito indicazioni di un fenomeno di scivolamento massivo a scala regionale che coinvolge l’area marina crotonese e l’entroterra per qualche decina di chilometri, ipotizzando un lento movimento del bacino verso il mare.

Con questo nuovo lavoro, attraverso diversi metodi di indagine geofisica - analisi di dati sismici, carotaggi profondi, nuovi rilievi morfo-batimetrici e satellitari - i ricercatori hanno ottenuto un’immagine più chiara e dettagliata del fenomeno.

“Abbiamo scoperto che il megalandslide di Crotone è avvenuto in due fasi e con dinamiche differenti. La prima è stata innescata da un evento tettonico risalente a circa 3,7 milioni di anni fa ed è proseguita per almeno 1 milione di anni”, afferma Massimo Zecchin, ricercatore dell’Ogs, coordinatore dello studio e primo autore dell’articolo. Aggiunge: “Questa fase è stata caratterizzata da uno scivolamento di massa verso mare (in direzione sud-est) relativamente veloce, almeno 6,7 mm/anno, e da ulteriori franamenti molto rapidi ora sigillati da sedimenti più recenti. La seconda fase, iniziata circa 500.000 anni fa, e tuttora in atto nell’area marina, ha avuto una dinamica molto più lenta, con movimenti del settore marino della frana che generalmente non superano velocità di 1 mm/anno. Grazie alle nuove analisi effettuate, abbiamo accertato che la mega frana scivola sopra una superficie di distacco basale inclinata di 3-4° verso mare, probabilmente impostata su uno strato di salgemma, che collega un dominio tettonico estensionale nel settore di entroterra con uno compressivo in quello sottomarino”.

Per avere un quadro completo i ricercatori hanno studiato i dati rilevati dai satelliti. “Nel settore di entroterra, le informazioni geologiche sono state integrate con le misure dei movimenti del suolo attuali ottenute dalle immagini Sar (Synthetic Aperture Radar) acquisite dal satellite dell’Agenzia spaziale italiana Cosmo-SkyMed e da registrazioni Gps”, riprende Luigi Tosi ricercatore Cnr-Ismar, tra gli autori dello studio. “L’analisi di questi dati ha evidenziato una variabilità dei movimenti del suolo con anomalie locali, ma non uno spostamento omogeneo con direzione verso sud-est alla grande scala spaziale, come si osserva invece nell’area marina”. Al riguardo Zecchin sottolinea: “La diversità di comportamento tra il settore marino e di entroterra farebbe escludere l’estensione attuale del processo nel territorio retrostante l’area costiera di Crotone, a differenza di quanto ritenuto in precedenza”.

I due ricercatori così concludono: “Il movimento del megalandslide nel settore marino, attualmente molto lento verso sud-est, è un fenomeno naturale che non deve destare particolare preoccupazione per quanto riguarda la sicurezza della popolazione. Tuttavia, sarebbe importante sviluppare un appropriato piano di monitoraggio per controllarne l’evoluzione”. (red)

vedi
www.cnr.it 
http://www.ogs.trieste.it/ 

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