? Heos.it Rivista scienze politica cultura salute - 2022/02/04/Salute/medicina/Diabete: scoperta la strada di una nuova opzione terapeutica

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Lo studio è stato sviluppato nei laboratori del Centro di ricerca pediatrica "Romeo ed Enrica Invernizzi" dell’università statale di Milano, ospedale Sacco di Milano e università di Pisa in collaborazione con la Harvard medical school di Boston (Usa)  
 
Diabete: scoperta la strada
di una nuova opzione terapeutica
 
04.02.22 - Identificato un meccanismo determinante nella perdita di beta cellule in corso di diabete, scoprendo nel contempo  come disattivarlo farmacologicamente. Lo studio è stato sviluppato dai ricercatori del Centro di ricerca clinica pediatrica "Romeo ed Enrica Invernizzi" dell'università statale di Milano in collaborazione con altri centri tra cui l’università di Pisa e la Harvard medical school di Boston (Usa), con la prof.ssa Francesca D'Addio come primo autore. I risultati del lavoro sono stati  pubblicati sulla rivista internazionale Nature Communications.
 
Gli scienziati hanno individuato quale fattore determinante per la morte delle cellule pancreatiche il malfunzionamento della interazione tra due recettori - asse IGFBP3 e TMEM219 - scoprendo che il blocco farmacologico dell’asse è in grado di proteggere le beta cellule pancreatiche dalla morte cellulare e di prevenire l’insorgenza di diabete in modelli murini (topi). 
 
Questo risultato è stato confermato dall’inibizione genetica selettiva di TMEM219 sulle beta cellule pancreatiche in vivo, che consente di preservare e proteggere la massa beta cellulare in corso di diabete. IGFBP3 si comporta quindi come una "betatossina" la cui produzione aumenta nella malattia diabetica ed è responsabile in parte della perdita di cellule beta insulino-secernenti. 
 
«Il nuovo asse che abbiamo individuato è in grado di controllare il destino delle cellule beta pancreatiche e modulare la loro sopravvivenza», afferma Paolo Fiorina, professore Ordinario di Endocrinologia e direttore del Centro di ricerca internazionale sul Diabete di Tipo 1 al Centro di ricerca pediatrico "Romeo ed Enrica Invernizzi". 
 
Aggiunge: «Lo studio mostra come questo meccanismo attivato a livello del pancreas endocrino sia in grado di controllarne la funzione, soprattutto per quanto riguarda le cellule producenti insulina. La presenza di un aumento di IGFBP3 in circolo in pazienti affetti da malattia diabetica suggerisce che questo fattore possa funzionare come una tossina per la cellula beta pancreatica in corso di diabete, che interagendo con il recettore espresso sulla superficie delle beta cellule TMEM219 ne determina la morte». 
 
Quindi sottolinea: «Il malfunzionamento del segnale IGFBP3/TMEM219 porta quindi alla perdita di cellule beta che producono insulina e contribuisce quindi al danno beta cellulare che si sviluppa in corso di diabete. Infatti, l’inibizione genetica e farmacologica dell’asse in questione è in grado di preservare la massa beta cellulare, di prevenire l’apoptosi della beta cellula e l’insorgenza della malattia in vivo in modelli murini per lo studio della malattia diabetica. La possibilità di ristabilire il controllo dell’omeostasi beta cellulare e prevenire la perdita di beta cellule è di straordinaria importanza per i pazienti affetti da diabete, soprattutto coloro che soffrono di diabete di tipo 1 in cui la distruzione è massiva e rapida e costringe alla necessità di terapia con insulina». 
 
E sulle nuove possibilità terapeutiche, Francesca D'Addio ricercatrice al Centro di ricerca Internazionale sul Diabete di Tipo 1 del centro di ricerca pediatrico "Romeo ed Enrica Invernizzi" del Dipartimento di scienze biomediche e cliniche "L. Sacco", spiega: «Il blocco del danno indotto dall’attivazione dell’asse IGFBP3/TMEM219 rappresenta un’opzione terapeutica di grande rilevanza clinica nel mondo diabetologico e che ha le sue basi nello sviluppo farmacologico di composti volti ad inibire l’azione tossica di IGFBP3 sulla massa beta cellulare».
 
Commentando l’importanza dello studio il professor Emilio Clementi direttore del Dipartimento di scienze biomediche e cliniche "L. Sacco", a cui afferiscono gli autori, così conclude: «Questo lavoro conferma l’interesse strategico nel campo delle malattie metaboliche del nostro Dipartimento e la capacità dei nostri ricercatori di lavorare sempre più con la prospettiva di una ricerca traslazionale». (Red.) 
 
Vedi
www.unimi.it 
https://www.nature.com/articles/s41467-022-28360-2 

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