? Heos.it Rivista scienze politica cultura salute - 2021/14/01/scienze/paleontologia/Scoperte nuove orme fossili di grandi rettili

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Alpi occidentali. Ritrovamento paleontologico unico in Europa. L'organismo è stato denominato "Isochirotherium gardettensis"

Scoperte nuove orme fossili

di grandi rettili

 

Unito immagine artistica  Isochirotherium gardettensis

Immagine artistica dell' Isochirotherium gardettensis  (Credits: Fabio Manucci/unito.it)

unito ripple-marks  tracce moto ondoso di 250 milioni di anni fa

Sopra, nell'area delle impronte sono frequenti i "ripple marks" tracce di moto ondoso lasciate circa 250 milioni di anni fa su fango sabbioso ora diventato roccia (credits: unito.it)

 

14.01.21 - Il ritrovamento di impronte fossili di grandi rettili vagamente simili a coccodrilli ci riporta nel passato più profondo delle Alpi occidentali, a circa 250 milioni di anni fa, quando erano ancora sotto il mare.

La scoperta paleontologica è stata fatta da un team multidisciplinare di ricercatori italiani e svizzeri a circa 2.200 metri di quota nella zona dell’Altopiano della Gardetta nell’Alta Val Maira nel Comune di Canosio (Provincia di Cuneo), in seguito al lavoro di tesi del geologo dronerese, Enrico Collo. Nel 2008, insieme al prof. Michele Piazza dell’Università di Genova e nel 2009 con Heinz Furrer dell’Università di Zurigo, identificarono nelle rocce della zona alcune tracce di calpestio di grandi rettili, originariamente lasciate tra i fondali fangosi ondulati di una antica linea di costa marina in prossimità di un delta fluviale.

Nello studio paleontologico le impronte sono descritte in parte come orme fossili dell’icnogenere Chirotherium e istituisce inoltre un tipo di impronta fossile nuova per la scienza, denominata Isochirotherium gardettensis in riferimento all’altopiano in cui è stata scoperta.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista internazionale PeerJ a firma di geologi e paleontologi del MUSE - Museo delle Scienze di Trento, dell’Istituto e Museo di Paleontologia dell’Università di Zurigo e delle Università di Torino, Roma Sapienza e Genova, in accordo con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Alessandria Asti e Cuneo.

«È stato molto emozionante notare appena due fossette impresse nella roccia, spostare un ciuffo erboso e realizzare immediatamente che si trattava di un’impronta lunga oltre trenta centimetri: un vero tuffo nel tempo profondo, con il privilegio di poter appoggiare per primo la mano nella stessa cavità dove in centinaia di milioni di anni se n'era appoggiata soltanto un'altra; mi è venuto spontaneo rievocare subito l'immagine dell'animale che lasciò, inconsapevolmente, un segno duraturo nel fango morbido e bagnato, ma destinato a divenire roccia e innalzarsi per formare parte della solida ossatura delle Alpi», ha dichiarato il paleontologo Edoardo Martinetto del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino, primo scopritore delle nuove tracce.

Secondo Fabio Massimo Petti del MUSE, esperto di orme fossili e primo autore del lavoro, si tratta di un ritrovamento unico in Europa: «Le orme sono eccezionalmente preservate e con una morfologia talmente peculiare da averci consentito la definizione di una nuova icnospecie che abbiamo deciso di dedicare all’Altopiano della Gardetta».

Il paleontologo Massimo Bernardi del MUSE sottolinea che questi ritrovamenti testimoniano la presenza di rettili di grandi dimensioni in un luogo e un tempo geologico che si riteneva caratterizzato da condizioni ambientali inospitali. Le rocce che preservano le impronte della Gardetta, formatesi pochi milioni di anni dopo la più severa estinzione di massa della storia della vita, l’estinzione permotriassica, dimostrano che quest’area non era totalmente inospitale alla vita come proposto in precedenza.

«Non è possibile conoscere con precisione l’identità dell’organismo che ha lasciato le impronte che abbiamo attribuito a Isochirotherium gardettensis, ma, considerando la forma e la grandezza delle impronte, e altri caratteri anatomici ricavabili dallo studio della pista, si tratta verosimilmente di un rettile arcosauriforme di notevoli dimensioni, almeno 4 metri», ha sottolineato il paleontologo Marco Romano della Sapienza Università di Roma.

«Ricordo la grande emozione provata in occasione della prima scoperta, con l'amico Enrico Collo nel 2008, il piacere intellettuale della prima campagna di rilievi con Enrico e Heinz Furrer nel 2009 e poi la grande soddisfazione scientifica avuta nel lavorare con una così prestigiosa squadra di ricercatori, il tutto nella consapevolezza che questa rilevante novità scientifica si colloca in un territorio di spettacolare bellezza, accrescendone il già grandissimo valore», ha ricordato il Prof. Michele Piazza.

Per il raggiungimento di questi risultati è stato determinante il contributo organizzativo ed economico dell’Associazione Culturale “Escarton” che ha sostenuto il progetto a partire dal 2016 e che, grazie al presidente Giovanni Raggi, ha rappresentato l’intermediario fra il mondo della ricerca e quello delle istituzioni locali rappresentate dai Sindaci dei comuni di Canosio e Marmora, nonché dall’Unione Montana Valle Maira.

Il progetto di ricerca è destinato a svilupparsi ulteriormente grazie all’estensione dell’area di ricerca e alla raccolta di ulteriori informazioni sulla associazione di rettili triassici che hanno lasciato tracce nella zona ma soprattutto grazie alla diffusione dei risultati delle ricerche geo-paleontologiche mediante la creazione di un Geo-Paleo park, comprendente un centro visitatori e un giardino geologico didattico-divulgativo.

«La nostra prossima sfida - conclude il coordinatore del progetto, Massimo Delfino del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino - è trovare la copertura finanziaria che garantisca una raccolta accurata ed esaustiva delle informazioni di importanza scientifica, la conservazione a lungo termine del patrimonio paleontologico della Gardetta e la sua valorizzazione in un’ottica di promozione culturale e turistica delle caratteristiche naturali della Val Maira». (red)

Riferimenti.

Archosauriform footprints in the Lower Triassic of Western Alps and their role in understanding the effects of the Permian-Triassic hyperthermal - Fabio Massimo Petti, Heinz Furrer, Enrico Collo, Edoardo Martinetto, Massimo Bernardi, Massimo Delfino, Marco Romano, Michele Piazza - PeerJ 2020. DOI 10.7717/peerj.10522  , https://peerj.com/articles/10522.pdf 

www.unito.it 

 

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