La scoperta è stata fatta da una squadra di ricercatori di ENEA, CNR e Università Sapienza di Roma

Mar Artico, allarme

microplastiche:

contaminati i crostacei

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Immagine artistica di un piccolo campione dei crostacei analizzati a Ny-Ålesund (credit: enea.it)

 

28.07.20 - Mar Artico: un tempo era uno dei luoghi più intatti del pianeta. Adesso, invece, i crostacei che vivono in quelle acque sono contaminati dalle microplastiche. La scoperta è stata fatta da una squadra di ricercatori di ENEA, CNR e Università Sapienza di Roma che hanno trovato frammenti di microplastiche in un piccolo crostaceo marino, l’anfipode Gammarus setosus, molto diffuso nelle isole Svalbard, nel mar Glaciale Artico.

L’allarme è tanto più grave perché quest’animaletto marino è alla base dell’alimentazione di diversi uccelli e pesci che vivono nell’area. Non solo. La maggior parte delle microplastiche studiate è costituita da polimeri sintetici di vernici e rivestimenti antivegetativi, impermeabilizzanti e anticorrosivi utilizzati sia nelle imbarcazioni sia nelle attrezzature da pesca. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista "Environmental Research" della piattaforma editoriale scientifica Science Direct (casa editrice Elsevier).

Le microplastiche sono state individuate tramite specifiche metodologie di colorazione e di spettroscopia infrarossa in campioni raccolti nella fascia costiera oltre il 78º parallelo, di fronte a Ny-Ålesund, insediamento situato nel nord-ovest dell'isola di Spitsbergen, la più estesa dell'arcipelago delle Svalbard, popolato da circa 200 abitanti in estate e soltanto 30 in inverno, per lo più ricercatori scientifici. La ricerca rientra nell’ambito delle attività della Stazione artica "Dirigibile Italia", una base di ricerca italiana gestita dal CNR, che prende il nome dal dirigibile protagonista nel 1928 delle spedizioni del generale ed esploratore Umberto Nobile e del suo equipaggio.

"Lo studio realizzato con CNR e Sapienza dimostra che le microplastiche hanno invaso anche le terre più a Nord del pianeta e sono in grado di penetrare ogni livello dell’ecosistema, con danni agli organismi e all’ambiente ancora poco compresi", sottolinea la ricercatrice ENEA, Valentina Iannilli, del Laboratorio Biodiversità e Servizi ecosistemici. Aggiunge: "Infatti le microplastiche scambiate per cibo possono arrivare all’apparato digerente degli animali, nei tessuti e poi nelle parti edibili dei pesci. Trattandosi di una specie molto abbondante (fino a 3.000 individui al m2) il rischio di trasferimento delle microplastiche, nella catena alimentare umane è rilevante".

All’interno di questo crostaceo di circa 3 cm, sono state rinvenute mediamente 72,5 particelle di microplastica tra i 3 e i 370 micrometri (milionesimi di metro), la maggior parte delle quali più piccole di un trentesimo di millimetro (30 micrometri). "L’utilizzo di bioindicatori come questo crostaceo - conclude Iannilli - è di grande importanza nel monitoraggio delle microplastiche, poiché può fornire un quadro molto più realistico della contaminazione e soprattutto indicare quanto questa contaminazione sia trasferita nella catena alimentare e possa potenzialmente arrivare anche a noi". (red)

Vedi
www.enea.it  www.cnr.it   www.uniroma1.it 

https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0013935119306085