Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori dell’università Statale di Milano

COVID-19: incremento dei casi

e condizioni climatiche


01.04.20 - Virus influenzali e condizioni meteorologiche e climatiche: il collegamento esiste ed è stato dimostrato da tempo.  È ben noto infatti che i virus influenzali si diffondono meno e sono meno persistenti nell’ambiente in contesti climatici caldo-umidi. Pertanto, è verosimile che i fattori climatici influenzino anche la progressione della pandemia di COVID-19 attualmente in corso, causata dal virus SARS-CoV-2.

Sfruttando un database globale di casi giornalieri confermati di COVID-19, realizzato e mantenuto dalla Johns Hopkins Universityhttps://github.com/CSSEGISandData/COVID-19 ), un gruppo di ricercatori dell’università Statale di Milano hanno ricavato il tasso di crescita giornaliero dei casi di COVID-19 per oltre 100 nazioni (o macroregioni entro nazione). Il tasso di crescita - calcolato per i primi giorni di una epidemia - ha fornito un'indicazione di quanto velocemente si stia diffondendo la patologia nella popolazione colpita, prima che entrino in vigore misure contenitive. Successivamente gli studiosi hanno messo in relazione il tasso di crescita dei casi di COVID-19 con la temperatura e l’umidità medie dei mesi dell’epidemia.

Risultato: la variazione del tasso di crescita di COVID-19 tra nazioni è risultata essere fortemente associata a temperatura e umidità. In particolare, l’epidemia cresce più rapidamente a temperature medie di circa 5°C ed umidità medio-bassa, compresa tra 0.6 e 1.0 kPa (Pascal, unità di misura). Viceversa, in climi molto caldi e umidi, caratteristici di alcune zone tropicali, l’epidemia sembra diffondersi molto più lentamente, anche se nessuna area popolata del mondo sembra essere completamente inidonea alla diffusione della patologia.

Differenze tra nazioni nei livelli di inquinamento atmosferico, di densità abitativa, e di investimento pubblico nel sistema sanitario non sembrano avere effetti significativi sulla crescita dell’epidemia. Questi risultati hanno consentito agli autori dello studio, Francesco Ficetola e Diego Rubolini, di realizzare delle mappe globali di come il tasso di crescita di COVID-19 potrebbe cambiare nei prossimi mesi.

Le mappe evidenziano che - in assenza di misure contenitive - vaste aree dell’emisfero australe, tra cui America meridionale, Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda, presenteranno verosimilmente condizioni ambientali molto favorevoli ad una rapida crescita dell’epidemia nei prossimi mesi. (red)

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