La ricerca è stata condotta dall'Università Sapienza di Roma in collaborazione tra gli altri con con Stanford University e Virginia Tech University

 

Squalo bianco

del Mar Mediterraneo

a rischio estinzione

 

uniroma1 Marzamemi 1937

Cattura di squalo bianco nel 1937 presso la tonnara di Marzamemi, Siracusa (Credit: uniroma1.it)

 

31.01.20 - Per la prima volta è stata stimata la presenza e la distribuzione dello squalo bianco nel Mediterraneo nell'arco degli ultimi 160 anni. Ed è a rischio estinzione. Lo studio è stato realizzato dalla collaborazione tra l'università Sapienza, la Stanford University, la Virginia Tech University, l’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine (Irbim-Cnr), la Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli e l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

Lo squalo bianco popola da secoli il Mediterraneo: protagonista di numerosi racconti e celebri pellicole, il re degli squali nuota nei nostri mari e le testimonianze storiche dei suoi avvistamenti risalgono addirittura al Medioevo. Al vertice della catena alimentare marina, lo squalo bianco è una presenza indispensabile per la vita stessa dei mari; tuttavia, gli esemplari che abitano il “Mare Nostrum” appartengono a una delle popolazioni meno conosciute e più minacciate al mondo, soprattutto a causa delle innumerevoli e spesso deleterie attività umane. Il drastico ridimensionamento subito negli ultimi anni ha spinto la International Union for the Conservation of Nature (IUCN) a inserirlo tra le “specie in pericolo critico” nel Mediterraneo.

Il team di ricerca, che ha visto in particolare il contributo scientifico di Giovanna Jona Lasinio del Dipartimento di Scienze statistiche e Stefano Moro del Dipartimento di Biologia ambientale della Sapienza e Francesco Ferretti della Virginia Tech University, ha ottenuto la stima utilizzando più di 700 segnalazioni di squalo bianco provenienti da fonti molto diverse tra loro. In particolare, sono stati combinati i dati provenienti da database istituzionali e dalla letteratura, sia scientifica sia divulgativa, con i recenti avvistamenti.

I risultati ottenuti hanno evidenziato una complessa traiettoria, caratterizzata da un progressivo incremento del numero di squali seguito da un rapido declino avvenuto a partire dalla seconda metà del Novecento. "Il decremento – spiega Giovanna Jona Lasinio – non si è verificato in maniera uniforme all’interno del bacino del Mediterraneo. Ad esempio, nel Mediterraneo centrale si è registrata una riduzione del 52%, mentre nel Mar di Marmara ha raggiunto il 96%. Il decremento, inoltre, è accompagnato spesso da una riduzione degli spazi occupati, un segnale associato a popolazioni a rischio".

La ricerca ha permesso di formulare nuove ipotesi ecologiche sulla struttura della popolazione di squali bianchi del Mar Mediterraneo e su interessanti dinamiche preda-predatore che coinvolgono altre specie, in particolare il tonno rosso.

Lo squalo infatti è l’animale al vertice della catena alimentare marina e non ha quindi predatori naturali (a parte l’uomo). Ciò significa che il suo ridimensionamento rischia di avere impatti disastrosi per l’intero ecosistema del bacino. “È stato dimostrato – conclude Stefano Moro – come la rimozione dei predatori apicali all’interno degli ecosistemi marini porti a disastrosi effetti che si ripercuotono su tutta la catena trofica. Il Mediterraneo, da questo punto di vista, rappresenta un primato negativo a scala globale con più del 50% di specie di squali classificate come 'minacciate' dalla IUCN a livello regionale". (red)


Vedi
https://doi.org/10.1111/faf.12432 
www.uniroma1.it